Danno tanatologico
Diverso è il concetto di danno tanatologico iure successionis, che viene definito come il danno derivante dalla morte in sè, nell’ipotesi in cui non intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte: è il caso in cui la vittima dell’incidente muoia immediatamente sul colpo o a brevissima distanza di tempo (es: dopo qualche ora).?La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie tendono a escludere la risarcibilità di tale tipo di danno: la Suprema Corte ha precisato infatti che “la lesione dell’integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a breve distanza di tempo dall’evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita, per il definitivo venir meno del soggetto non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima, di un corrispondente diritto al risarcimento trasmissibile agli eredi…” (Cass. Civ. 23/02/2004 n. 3549)?Di recente proprio in materia di danno tanatologico si è pronunciata nuovamente la Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto che nel caso di danno da morte immediata o tanatologico il giudice potrà liquidare solo il danno morale alla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine (Cass. civ. s.u. 11/11/2008 n. 26972); (c.f.r. anche Luigi Viola “danni da morte e da lesione alla persona”).